Cinque mesi dopo l’operazione alla spalla per la caduta di Zell am See, Alessandro Degasperi, grazie a una strepitosa rimonta nella maratona, ha vinto sabato 23 maggio l’Ironman Lanzarote 2015!

La dedica fatta dal “Dega” alla sua famiglia, subito dopo il traguardo dell’incredibile evento alle Canarie, ci ha incuriositi e ci ha fatto capire chiaramente che, anche per un campione, il ruolo della famiglia è fondamentale.

L’abbiamo subito contattato ed ecco la chiacchierata che ne è scaturita, facendo partire il suo racconto dall’esordio, fino al trionfo di Lanzarote.

Alessandro, molti amici stanno scoprendo il triathlon in questi ultimi anni e stanno vivendo il momento magico del loro esordio. Ci racconti il tuo?

«Ho iniziato a fare triathlon nel 1996, all’età di 15 anni. Fino ad allora avevo praticato diversi sport, tra cui il calcio e il nuoto, ma senza innamorarmi di nessuno. Poi il mio allenatore di nuoto, che era triatleta, mi ha proposto di provare una gara; ho iniziato quasi per gioco, soprattutto per non fermarmi dagli allenamenti d’estate…»
«Evidentemente avevo trovato il mio sport, perché in breve tempo sono arrivati dei grandi risultati!»
«Dal 2000 al 2008 sono stato nella nazionale di triathlon, nella selezione dei probabili olimpici. Ma sfortunatamente nel 2007, in una gara di triathlon invernale, ho avuto un infortunio che mi ha provocato una lesione alla spalla. Questo infortunio ha segnato il mio percorso: purtroppo ho dovuto abbandonare il sogno olimpico.»
«Dato che per molti mesi non ho potuto allenarmi nel nuoto, che già non era il mio punto forte, ho deciso di orientarmi verso le gare più lunghe. Così, a 27 anni, ho iniziato a partecipare a gare di triathlon medio.»
«La mia gara di esordio è stato il Campionato Europeo 70.3 di Wiesbaden, dove sono arrivato 2° assoluto. Questo ottimo risultato nella mia prima gara su questa distanza mi ha dato la conferma che queste distanze mi erano congeniali.»

In effetti, lungo il tuo percorso sportivo hai dovuto affrontare e superare diversi incidenti e infortuni…

«Oltre all’infortunio del 2007, che mi ha fatto perdere le Olimpiadi, ne ho avuto un altro nel 2014: durante l’Ironman 70.3 di Zell am See una caduta in bici mi ha provocato un’altra lesione, alla stessa spalla.
«Dopo aver temporeggiato al lungo cercando di evitare l’operazione, a gennaio 2015 ho capito che invece l’intervento era la scelta giusta per risolvere il mio problema.»

Come hai vissuto questi momenti e quali insegnamenti ne hai tratto?

«Sono stato 6 mesi senza poter nuotare e questo mi ha portato a cambiare la composizione dei miei allenamenti. Ho dovuto lavorare in palestra per la riabilitazione della spalla e questa è stata l’occasione per provare un percorso di incremento della forza.»
«Appena ho potuto tornare a correre e a pedalare, ho subito percepito i vantaggi di questa maggiore forza. Se sei solido dal punto di vista muscolare, arrivi in fondo alla bici in buone condizioni: nella mia vittoria all’Ironman Lanzarote ero sicuro che avrei potuto correre bene la frazione di corsa.»
«Terrò conto di questo aspetto nel futuro, perché credo che il potenziamento muscolare sia per tutti i triatleti la chiave di volta. Inoltre, il lungo periodo di fermo mi ha permesso un ottimo recupero dal punto di vista organico.»
«Ho vissuto molto bene questo periodo di fermo, che poteva sembrare negativo; in fondo non puoi cambiare la tua storia, quindi devi cercare di fruttare al meglio le opportunità di ciò che puoi fare in ogni momento: lavorare sui tuoi punti deboli e su aspetti che prima avevi trascurato.»
«Lo stop nel nuoto inoltre mi ha portato a concentrarmi sulla bici e sulla corsa: in particolare nella corsa sono tornato a fare lavori veloci che trascuravo da anni e sono tornato a correre la mezza maratona sui tempi di molti anni fa, con un personale di 1h09.»

Quale ruolo ha la famiglia per te nel rapporto con lo sport?

«Penso che se posso fare questa vita da professionista è grazie a loro: infatti, anche se sono impegnato con gli allenamenti tutto il giorno, la mia famiglia mi dà tanto dal punto di vista affettivo, una grande tranquillità emotiva.»
«Mia moglie mi è di grandissimo aiuto, perché è lei che riesce a gestire tutto, soprattutto quando io sono via per gli allenamenti o per le gare e loro non possono venire con me.»
«Noi abitiamo in Val di Fiemme: anche se è un posto molto bello, qui non è facile allenarsi d’inverno, per via della neve, e quindi spesso devo trasferirmi per allenarmi.»

La tua famiglia viene a vederti alle gare? Com’è avere il loro tifo?

«Mio figlio di 8 anni, e mia moglie mi accompagnano spesso, al traguardo dell’Ironman Lanzarote c’erano anche loro e questo mi fa sentire quasi come fossi a casa! Federica mi è di grande aiuto, è una ex-triatleta e sa perfettamente cosa mi occorre in gara. La sua presenza mi mette in condizione di stare molto tranquillo.»
«Luca è il mio primo tifoso: sempre attento, non si perde un secondo di gara, non si stanca mai anche se deve aspettarmi a lungo.»

Vuoi regalare un consiglio ai neofiti del triathlon, magari che iniziano da adulti?

«Noi triatleti siamo fortunati: ci sono gare di triathlon in posti stupendi. Quindi il mio consiglio è di programmare le gare abbinandole a periodi di ferie con la famiglia, in modo da godersi il relax post gara.»

Qual è il tuo “segreto” per riuscire a fare triathlon senza “creare problemi” in famiglia?

«In base alla mia esperienza, alla base di tutto c’è un accordo: “patti chiari, amicizia lunga“. Occorre essere chiari su cosa comporta prepararsi per il triathlon.»
«Per evitare incomprensioni, è necessario chiarire gli impegni che andremo a programmare nella settimana, per non scoprire strada facendo che l’impegno – e quindi l’assenza dalla famiglia – è maggiore di quello che si pensava.»
«E’ molto importante anche la reciprocità: se chiedi alla tua famiglia di sopportare delle rinunce e dei sacrifici, devi essere disposto anche a restituire qualcosa in cambio.»
«Inoltre è opportuno iniziare per gradi, partendo dalle distanze più brevi (Sprint e Olimpico) per non esagerare con l’impegno, sia familiare sia sportivo. Io stesso ci ho messo tanti anni per arrivare all’Ironman!»


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IL “DEGA” RACCONTA IL SUO FANTASTICO IRONMAN LANZAROTE 2015

Calato il sipario sull’Ironman Lanzarote Canarias Triathlon Spain, dopo le emozionanti premiazioni di ieri sera, mi prendo un attimo di tempo, come credo sia giusto, per fare una piccola analisi e dei doverosi ringraziamenti perché, anche se forse non è stato tutto perfetto, dietro un risultato così c’è davvero tanto…
Tanto lavoro, tanti sacrifici, tante persone, tante relazioni, rapporti, e sicuramente mi dimenticherò qualcosa o qualcuno…
Quello che significasse per me questa gara lo sanno diverse persone, chi mi ha un po’ seguito, più o meno da vicino, sa cosa è stata la scorsa stagione e questo inizio anno per me: avere un incidente che ti fa finire a metà una stagione iniziata già in salita, con unico sprazzo (che in realtà mi ha dato fiducia e speranze) l’Ironman Germany a Francoforte, e poi subire un intervento chirurgico alla spalla in gennaio non è facile da metabolizzare per un atleta di 34 anni…
E qui devo veramente ringraziare innanzitutto la mia famiglia ed in particolare mia moglie Federica che davvero mi ha sopportato (e sono il primo ad ammettere che non è facile) in un periodo molto delicato, oltre che poi supportato in tutta la fase di recupero; e mio figlio Luca, a cui sicuramente non riesco a dedicare tutto il tempo che vorrei e che vorrebbe…
E poi il mio coach Alberto Bucci, che ha sempre creduto in me e mi ha sempre aiutato a trovare quelle motivazioni, quei progetti, quei traguardi che ti permettono di guardare avanti e di non mollare.

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Voglio anche ringraziare gli amici/colleghi/compagni del CUS Trento e Uni Team Trento, anche loro sempre presenti, e con cui ho condiviso delle belle esperienze (anche come tecnico) durante il periodo di inattività, che mi hanno “distratto” dai miei problemi, ma anche dato la possibilità di fare delle esperienze diverse, che sicuramente torneranno utili per il futuro…
Grazie Gianluca Tasin, Alessandro Pontalti, Diego Pozzatti… Un grazie anche a tutti i ragazzi del Progetto Uniteam, con cui ho condiviso i miei primi allenamenti di qualità di corsa dopo la fase di ripresa, con in testa Andrea Pederzolli, che nel frattempo si è anche laureato e ieri ha festeggiato il suo compleanno (questo risultato mi piacerebbe possa essere un esempio per tutti voi di quanto conta la volontà e la testa… non solo il talento!).
Assolutamente voglio ringraziare anche gli altri due miei soci di Sport Time, Ivan Risti Daniele Moraglia (Alberto lo ho già citato), anche loro ci hanno sempre creduto e con loro stiamo affrontando un’attività per niente facile, che fin’ora ci ha richiesto molti sacrifici, ma che spero ci porterà lontano. Perché in Italia, di solo triathlon, non si campa, o per lo meno, una volta finita la carriera agonistica, si riparte da zero o quasi.
Ovviamente non posso tralasciare i miei genitori, che ci sono sempre nel momento del bisogno, grazie!
E un doveroso grazie va anche ai miei sponsor, con molti dei quali, nel corso anni, si stanno creando dei rapporti particolari e molto belli. A loro sarà dedicato un post particolare, mentre questo lo definirei molto più emozionale. Non me ne vorranno!
Fin qui, se vogliamo, ho parlato molto più del discorso umano che non di quello sportivo.
Su quello vi ho aggiornato postando parecchi dei miei allenamenti durante questi ultimi mesi, ho fatto alcune gare di avvicinamento, ma soprattutto sono riuscito, una volta avuto il via libera per ricominciare ad allenarmi seriamente, a non farmi prendere da troppa ansia, non voler forzare troppo i tempi del recupero e quindi a non avere ulteriori infortuni e riuscire quindi, con una progressione sia nei volumi che nelle intensità, a fare una preparazione mirata e focalizzata per questa gara… che ho sempre avuto davanti a me come l’Obiettivo!

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Ho scelto l’IM Lanzarote per tanti motivi: innanzitutto poteva essere il primo Ironman in calendario che sarei riuscito a preparare bene a livello di tempi (3 mesi di preparazione pensavo potessero essere sufficienti, anche se quasi al limite…) e poi perchè questa è una gara vera, dove anche se prendi 3, 4, 5 minuti a nuoto, la gara non è finita; dove la scia non esiste perchè non può esistere (e specialmente quest’anno); dove devi dosare le forze fino all’ultimo metro (perchè 9 ore di gara non sono 8); dove devi pedalare anche in discesa; dove se hai una crisi puoi non arrivare in fondo; dove se non sei lucido fino alla fine non potrai ottenere quello per cui hai lottato e sofferto.
Il mio obiettivo non era quello di vincere, perchè quello non puoi mai saperlo, non puoi controllarlo e non dipende da te, ma era quello di fare la mia gara senza errori, fare quello per cui mi sono preparato e dimostrare innanzitutto a me stesso il mio valore. Il mio obiettivo era scendere sotto le 9 ore in questo Ironman e, nonostante le condizioni particolarmente impegnative, ce l’ho fatta!
Non mi sono fatto prendere dalla foga nel nuoto, cercando di contenere lo svantaggio; ho fatto una bici regolare, combattendo per le prime due ore con delle gambe che non rispondevano completamente a quello che la testa gli diceva, incassando diversi minuti nella prima parte di gara. Però dal 120° km in poi, quando davvero inizia la gara (mi permetto di dirlo dalla mia scarsissima esperienza), sono riuscito a mantenere un buon passo, guadagnando posizioni, e ho cominciato a rosicchiare qualcosina dalla testa della gara con il morale che saliva.
Sono sceso dalla bici terzo, con 9′ minuti dal primo e 6′ dal secondo, ma non mi sono demoralizzato, perchè sapevo che di corsa avevo una condizione eccezionale, forse la migliore degli ultimi anni e sicuramente la migliore di sempre per correre una maratona.
Sono partito comunque cauto, memore dell’esperienza di Francoforte dello scorso anno, controllando passo e frequenza cardiaca costantemente, ascoltando le mie gambe e le mie sensazioni, conscio che la maratona finisce al 42° km, e non prima, e che in mezzo possono succedere molte cose.
Dopo metà gara ho camminato ai ristori per riuscire ad idratarmi ed alimentarmi correttamente, perchè quei 10″ persi possono essere minuti guadagnati alla fine, e così è stato. Il mio obiettivo erano le 2 ore e 50, sapevo che era un tempo alla mia portata, durante la gara facevo i miei conti, 10″ al km e potevo giocarmela. Ma guai a farsi prendere dalla foga!
Quando negli ultimi 6-7 km ho visto che stavo guadagnando molto di più rispetto ai chilometri precedenti, ho capito che avrei potuto farcela, ma ho continuato col mio passo. E anche una volta passato in testa ai ristori mi sono fermato lo stesso, non potevo sbagliare, non ora!
E così ce l’ho fatta, ed ho le lacrime agli occhi ancora adesso a scriverlo!

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