Un’altra tragedia… Riccardo Giorgi, 39 anni, un papà, un marito, un triatleta appassionato, in sella alla sua bici è morto in seguito all’incidente avuto con un automobilista che ha perso il controllo del suo SUV e lo ha travolto frontalmente.

L’abbraccio ai suoi cari da parte di tutta la grande famiglia del Mondo Triathlon, sconvolta per l’ennesimo tragico e inaccettabile incidente.

Riportiamo di seguito due link di rainews e l’intervento di Omar Di Felice, campione di ultracycling da sempre impegnato per la sicurezza stradale dei ciclisti.

Ciclista travolto e ucciso da un suv a Pontinia

Ucciso in bici: conducente suv indagato per omicidio stradale

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Guardateli bene gli occhi di questo ragazzo: ogni volta che blaterate le vostre assurdità sui “velox che fanno cassa”, su la velocità che “tanto a 30 o 50 non cambia nulla” (fatevi un favore: aprite due libri di fisica prima di lanciarvi in simili bestialità, perché oltre a essere disumani dimostrate anche tutta la vostra ignoranza).

Riccardo lascia due figli piccoli, e tante altre persone care a piangerlo. Quando vi preoccupate che qualcuno possa “levarvi la libertà” (cito la prima di una serie di bestialità che leggo quando qualcuno prova a limitare l’utilizzo di veicoli con cui avete, voi si, il potere di levare la vita al prossimo) guardate quegli occhi e pensate a quei due bimbi che cresceranno senza un padre.

Perché?

Perché “mica ho tempo da perdere, devo andare a lavoro” (altra citazione storica, non di un qualunque leone da tastiera o da bar, ma dell’esimio ministro dei trasporti Matteo Salvini).

Perché continuate a rifiutare di cambiare anche solo una virgola delle vostre abitudini. Abitudini che ogni anno generano un numero di morti che sarebbe evitabilissimo.

Su quella strada e in quella zona, da ragazzo, mi allenavo con i miei coetanei con cui inseguivo il sogno di diventare un ciclista. I nostri genitori avevano dei timori, è vero, perché la strada è pur sempre un luogo pericoloso. Ma non si assisteva alla mattanza cui assistiamo oggi.

Se ora fossi uno dei miei genitori dell’epoca, impedirei a mio figlio di fare ciclismo in quella zona (e in tante altre zone, praticamente tutta Italia!).

Possibile che non riusciate, neanche di fronte ai morti costanti che ogni giorno riempiono le notizie di questo tipo, a mettervi la mano sulla coscienza e fare un passo indietro? Leggo ancora “eh ma voi ciclisti”, su un commento alla notizia addirittura un “ma ti pare che con due figli scegli di allenarti” come se la colpa fosse sempre e solo della vittima e mai del suo carnefice.

Un’altra persona è stata assassinata in strada, ma continuiamo a non volerlo vedere, a bollare il caso, al più, come una “fatalità” (bugia estrema: la maggior parte degli incidenti sarebbero evitabili) quando invece non cerchiamo tutte le attenuanti del caso.

“Aveva le luci? Aveva i pupazzi colorati sulla bici? Aveva la maglia giallo fluo iridescente arcobaleno? Procedeva sul margine della strada?” e altre balle simili che leggo ogni qualvolta qualcuno viene ucciso in strada.

E allora, piuttosto che riconoscere che qualcosa non va e agire, meglio additare i deboli: i pedoni che si “lanciano” in strada (si chiama attraversare, non smetterò mai di dirlo, attività che si pratica in tutto il mondo e che solo da noi rappresenta uno sport estremo) i ciclisti che “perdono tempo rallentando la marcia di chi va a lavoro” (come se il lavoro o lo stipendio di qualcuno ne giustificassero le malefatte in strada) o i monopattinisti, che è meglio non citare perché ora sono il nuovo e ulteriore bersaglio da prendere di mira.

Nota finale per il giornalista che ha scritto l’articolo: Riccardo era un essere umano, ed è stato ucciso da un altro essere umano, quindi il titolo corretto dovrebbe essere “Ciclista travolto e ucciso da un AUTOMOBILISTA”

Riccardo Giorgi