Andrea Gualtieri ha partecipato al suo primo triathlon il 4 giugno 1989. E ora, a 30 anni dall’esordio, scrive di aneddoti, avventure e gare, ma soprattutto di come la triplice gli abbia cambiato la vita.

“Sono passati 30 anni da quel 4 giugno 1989 e mi sento in dovere di scrivere qualcosa sul triathlon che ha cambiato per sempre la mia vita.

Di quel giorno, a Gatteo a Mare, ricordo molte cose: prima di tutto la soddisfazione così grande di averla finita da non sentire la stanchezza. Pensai subito che ne avrei fatte molte altre perché la multidisciplina riempiva quel vuoto che un ciclista della domenica come me aveva da sempre, grazie alla possibilità di alternare ogni giorno uno sport diverso.

Ricordo l’incrocio con Fabrizio Ferraresi che a un chilometro dalla fine saltava uno spartitraffico con una falcata, mentre io quasi non riuscivo a correre. Poche settimane dopo ci vedemmo di nuovo in gara, a Bondeno (FE), si trattò forse della sua prima vittoria, e non potevo certo immaginare che 16 anni dopo, da compagni di squadra, saremmo saliti sul gradino più alto del podio, lui come M1 io come M2 nello sprint di Parma del 2005.

Ricordo la disponibilità del vincitore, Danilo Palmucci, a parlare con un perfetto sconosciuto come me, cosa che si è ripetuta spesso in seguito anche quando le gare gli andavano male. Lo ringrazio per la sua cortesia e per quello che ha dato al triathlon italiano fin dagli albori.

Ricordo la libertà che c’era allora, io addirittura in zona cambio sulla salvietta mi ero messo una bacinella piena d’acqua e dopo il nuoto mi sono sciacquato per bene senza pensare al tempo perso e senza che nessuno mi dicesse qualcosa.

In seguito ho continuato a fare gare senza mai raggiungere la doppia cifra nello stesso anno, ho infatti un totale di 128 competizioni ufficiali più qualcuna tra amici, sempre nella mediocrità, qualche volta finendo sui piedi, qualche anno di stop per infortuni vari, ma mai un ritiro.”


La t-shirt del primo triathlon disputato da Andrea Gualtieri, a Gatteo a Mare (FC) il 4 giugno 1989.

CHE EMOZIONI ALLE “PRIME” DEL TRIATHLON

“Ho cercato di esserci sempre alla prima, come nel 1992 all’Irondelta quando vennero assegnate le prime slot per le Hawaii o nel 1993, a Imola, al 1° Campionato Italiano di duathlon o nel 1995 all’Isola d’Elba al 1° Campionato Italiano di triathlon lungo in Italia, per finire al 2017 nel 1° Ironman organizzato in Italia a Cervia, la mia ultima gara per ora.”

I DUE MOMENTI PIU’ BELLI

“Sono due i momenti indelebili che ho vissuto in gara: nel 1997 a Lido delle Nazioni, la prima e unica volta per me sotto le due ore: volevo fermare a tutti i costi quel “59” sul cronometro e riuscirci è stata una grande emozione; e nel 1993, nel lungo di Nizza, quando incrociai Mark Allen all’aeroporto, dopo quei famosi ultimi chilometri corsi a 3’05” che lo hanno proiettato nel mito, con la sua decima e ultima vittoria. Era così veloce che sembrava fluttuare nell’aria, per un istante siamo stati a 10 metri l’uno dall’altro e certo non potevo immaginare che 25 anni dopo ci saremmo trovati a Kona ai Mondiali Ironman, alla stessa distanza, ad aspettare i nostri figli e che lui avrebbe aspettato più di me grazie alla gara della vita del mio (Francesco Gualtieri è stato il miglior italiano AG all’Ironman Hawaii World Championship nel 2018, con il tempo finale di 9:13:47, ndr).


Francesco Gualtieri all’arrivo dell’Ironman Hawaii World Championship 2018.

… E I DUE CHE VORREI DIMENTICARE

“Sono sempre due i momenti brutti di questi 30 anni di triathlon: uno ancora a Nizza, quando mi sono buttato in quell’acqua gelida con una sottile muta da windsurf e dei calzoni da sub e dopo 1 ora ero ancora molto lontano e non riuscivo più a controllare i movimenti per il troppo freddo preso alla testa; in quel momento ho rischiato davvero di morire. Quando mi hanno aiutato a prendere terra volevo parlarmi per farmi coraggio, ma dalla mia bocca usciva solo un rantolo, mai più nella vita ho vissuto una situazione simile.

L’altro momento nell’Ironman Italy quando dopo 10 ore e 53 minuti di gara con 10 chilometri di corsa rimasti da fare mio figlio mi ha detto “basta che corri a 6′ al chilometro e ce la fai a finire sotto le 12 ore” e ho dovuto rispondergli che non riuscivo più a tenere neanche quel ritmo penoso.”


La t-shirt del 1° Irondelta, corso nel 1992.

COME LA PENSO SULLA SICUREZZA IN GARA…

Concludo affrontando il problema della sicurezza in gara. So bene che non si azzererà mai il numero dei morti nel mondo, ma dato che il maggior numero dei decessi avviene nel nuoto qualcosa si può fare. Basterebbe che quando la temperatura dell’acqua è sotto un certo limite tutti gli atleti debbano fare 200/300 metri di riscaldamento con spunta all’uscita dall’acqua. Se questa regola fosse applicata in tutto il mondo, sono certo che si eviterebbero molti tragici momenti come quelli che ho vissuto in prima persona.

Che io sappia ci sono stati 5 morti in gara: una atleta in un duathlon e 4 atleti nel triathlon, e io c’ero. L’ultimo nel 2017 al Forte Village, in Sardegna, accompagnavo mio figlio; con i primi 3 ero in gara.

Quando morì Andrea Clerici nel 2005 ero insieme al mio amico Tolmino Mela a guardare l’ambulanza dentro la quale il mio omonimo finiva di vivere e non immaginavo di salutarlo per l’ultima volta a Verucchio (RN) il 25 giugno 2006, quando finì fuoristrada in bici e morì sbattendo contro un palo di cemento armato. Da quel giorno ho avuto paura a ogni gara del “non c’è il 2 senza il 3″. Guardavo tutti quelli che partivano con me e sentivo che sarebbe successo e purtroppo il 3° è arrivato ad Andora nel 2014, l’ho visto aggrappato al mezzo di soccorso mentre nuotavo.”


Andrea Gualtieri

… SULLA PENALTY BOX E SUI GIUDICI IN MOTO

“Potrei dire ancora tante cose, ma dovrei scrivere un libro. Aggiungo solo qualcosa sulla penalty box e sui giudici in moto perché ne ho parlato col presidente FiTri Bianchi a Lovere nel 2016 e voglio ribadirlo.

Non fermiamo gli atleti corretti e scorretti per cercare un numero di pettorale scritto sul tabellone e per scontare una penalità, lasciamoli terminare e poi aggiungiamo loro i minuti che meritano dal loro tempo finale.

Non mandiamo giudici in moto sul percorso bici che aumentano la pericolosità, ma piazziamoli in punti strategici ben nascosti e dotati di telecamera. Penso che così facendo ci sarebbero meno scie perché i triatleti sarebbero corretti sempre e non solo quando vedono/sentono una moto, in più potrebbero vedere le immagini.

Certo non sono il primo che dice queste cose e mi farebbe piacere conoscere l’opinione degli addetti ai lavori sia su questo sia sulla spunta riscaldamento. Spero che gli sport multipli continuino a crescere e che i praticanti siano sempre più numerosi.

Buon triathlon a tutti.