Troppo gravi le ferite riportate in seguito ai tragici incidenti avvenuti nei giorni scorsi, dall’ospedale Bufalini di Cesena è rimbalzata la tremenda notizia: la triatleta tedesca Julia Viellehner e il centauro statunitense Nicky Hayden non ce l’hanno fatta.

I fatti sono noti, Julia e Nicky erano in bici, in due luoghi peraltro anche piuttosto vicini: c’è stato in entrambi i casi un impatto improvviso, terrificante e, ahinoi, fatale con autoveicoli.

E, dopo diversi giorni di ricovero e di tentativi disperati dei medici, è arrivata l’angosciante notizia della loro morte.

Di dettagli, analisi e disamine è pieno il web, quello che rimane nello stomaco, nel cuore e nell’animo è una tristezza infinita.

Innanzitutto per l’atrocità dei fatti: sono morti due campioni conosciuti e amati, due sportivi appassionati, due ragazzi sorridenti.

E inoltre, lo sconforto per quanto mi riguarda c’è anche per via delle tante parole spese in maniera spesso inutile che ho letto e continuo a leggere: per ricercare lo scoop, per lanciare le proprie invettive, per manifestare la propria rabbia e puntare il dito contro.

Senza pensare nella maggior parte dei casi che le parole sono preziose. E abbiamo il dovere tutti di tirarle fuori e utilizzarle con cura, rispettando noi stessi, ovvero chi ci ascolta o ci legge.

Preservare la vita, lottare per preservare questo dono prezioso, sempre e comunque, in qualsiasi frangente, questo per me è l’obiettivo.
Per Julia, Nicky e Michele che non ci sono più.
Per Bibi, Checco e per i tanti altri di cui non sappiamo, che stanno lottando e vogliono tornare a sorridere.

E anche, non dimentichiamolo!, per le persone che erano alla guida degli autoveicoli che si sono ritrovate loro malgrado coinvolte e ora sommerse dal dramma quotidiano di vivere la loro esistenza con un fardello di morte enorme sulle loro spalle. Peraltro, con puntati addosso gli occhi iniettatti di sangue di chi li vuole sulla gogna a prescindere.

Le indagini, i processi e le sentenze dei tribunali fanno parte di tutte quelle regole che ci siamo dati con l’obiettivo di trovare un equilibrio per vivere insieme felicemente.

I ciclisti sono indisciplinati, gli automobilisti non capiscono, non si rispettano le regole. Le colpe, le accuse, gli insulti, le volgarità e i beceri litigi. Amplificati dalla velocità della rete.

Che senso ha farsi trasportare e travolgere dalle emozioni negative?
Che senso ha farle risuonare dentro di noi per poi esternarle urlandole contro chiunque non la pensi come noi?
Che senso ha cercare sollievo aizzando faide tra fazioni che peraltro non esistono?!

Che scopo ci si prefigge se si utilizzano questi strumenti di guerra?!

Lo ribadisco e puntualizzo: il senso delle regole, che esistono da che l’uomo esiste sulla faccia della Terra, è quello di vivere insieme felicemente e di preservare la nostra esistenza.

E allora se vogliamo gridare, se vogliamo lottare, facciamolo tutti insieme per avere cura del tesoro più prezioso che abbiamo!

La vita.