La mia avventura deve cominciare con un ringraziamento alla persona che mi ha fatto diventare ironman all’Altriman 2015, il mio amico, sincero e leale, Ezio Montecucco. Senza di te non sarei mai riuscito in questa grande impresa fatta di fatica, emozioni, duro lavoro e tanti sacrifici.

Tutto è cominciato con un post su Facebook dove scrivevo ai primi di settembre 2014 che avrei voluto fare un triathlon iron distance e l’avrei voluto fare con il mio amicone “Cucco”.

Ricevo subito la sua telefonata e dopo un momento di incertezza mi dice:
«Tu sei pazzo, ma sai cosa vuol dire fare un ironman?»
Ed io inconsciamente senza pensarci rispondo:
«Stai tranquillo, lo sai che ho una gran testa e che sono come i criceti nella gabbia, tu pensa ad allenarmi!»

Così è cominciato il difficile ma emozionante avvicinamento all’Altriman, l’impresa più dura del mondo: 3.8K di nuoto in un lago a 1.600 metri sul livello del mare; 200K in bicicletta con un dislivello di 5.000 metri e 42.195 chilometri a piedi, con 700 metri di dislivello positivo.

Gli allenamenti cominciano praticamente subito, con i primi di ottobre, esattamente il 3, un venerdì. E doppio subito con 60 km di bicicletta e un’oretta di piscina, capendo che sarebbe stata la mia svolta sportiva più importante.

Gli allenamenti si susseguono regolari e in spensieratezza, condivisi con pochi amici (scettici) tra pedalate, corse in montagna e nuotate, sia in mare che in piscina.

Arrivando da più di 12 anni di attività agonistica in bici, dove mi sono tolto le più grandi soddisfazioni, partecipando alle più belle gare nazionali e internazionali sia su strada che in mountain bike, devo concentrarmi e insistere sul mio punto debole, la corsa; perciò è su quest’ultima che decidiamo di dedicarci con Ezio e, alla fine, lo chiamerò papà per quanto è stato intenso e sincero il nostro rapporto.

Ricordo ancora il regalo che mi fece per il mio compleanno, una corsa di 22 km in montagna: Santa Brigida, Monte Faudo, Chiesa della Pistuna, Anello nel bosco, Santa Brigida. Arrivando dalla macchina mi disse: «Fettina (questo è il mio soprannome) tanti auguri, questo è il mio regalo!».

Credetemi, mi sono emozionato talmente tanto che ci siamo solo abbracciati, senza parlare. A questo punto stendiamo anche un programma dettagliato sugli allenamenti, che partono dal primo dicembre 2014, con settimane intense di lavoro e con periodi di scarico per concludersi l’11 luglio 2015, giorno della gara.

Pianifichiamo delle gare a piedi e cominciamo subito il 16/11/2014 con una 10K che concludo in 44 m e 20 s (prima gara podistica), replico il 07/12/2014 con una mezza maratona (S. Lorenzo – S. Remo) chiusa in 1 h 43 m e 20 s, il 28/12/2014 altra 10 km (Christmas Runner) conclusa in 42 m e 22 s e il 01/02/2015 mezza maratona (Nizza – Monaco) 1 h e 36 m.

Finite queste gare capisco che la soddisfazione personale è alta ma, pur facendo triathlon, non mi sento ancora un triatleta e allora decido di preparare una gara vera.

Mi sento per telefono con il mio amico Davide Di Persio, anche lui triatleta, che mi dice che sarebbe andato a Cannes a fare quasi un “mezzo iron”, composto da 2K di nuoto, 85K in

bicicletta con 1.700 m di dislivello e 16K di corsa a piedi sulla Croisette.

Senza pensarci, ritorno a casa dal lavoro, parlo con la mia compagna Manila e decidiamo che… Sì! Si va a Cannes. Certo che chi condivide con te la vita deve sopportare gioie e dolori, sacrifici e momenti dove vorresti mollare tutto, quindi un grazie di cuore va anche a te Amore mio!

E’ marzo, Cannes si avvicina e, facendomi un po’ di coraggio, decido di provare il mare, ma l’acqua è freddissima e si fanno solo 30 minuti. Tutto mi sembra bellissimo e mi fa sentire un “guerriero”, ma, proprio nel mio momento più magico dove mi sembra di essere invincibile, un infortunio mi viene a trovare: una brutta infiammazione all’inguine con interessamento dell’adduttore.

Questo è stato il periodo per me più difficile dove vedevo buio anche perché riuscivo appena a camminare e quindi addio corsa, poca bici, poco nuoto, ma tanto tanto riposo. E’ proprio in questi momenti che gli amici, quelli con la A maiuscola trovano una soluzione o una parola di conforto.

Ma, sempre tu e solo tu, papà (Ezio Montecucco) prendi il toro per le corna e decidi che è più appropriato fare un’ecografia. Andiamo dal Dott. Boraso, dottore ma anche atleta, e si decide per un’infiltrazione eco guidata con acido ialuronico per contrastare l’infiammazione.

Dopo questa scelta ricordo che chiesi: «Dottore, mi dica la verità e mi parli da dottore e non da sportivo (si sa che noi sportivi tendiamo sempre ad accelerare i tempi): io a Cannes posso andare?».

Guardando il calendario rispose: «Sì, vai e stai tranquillo».

Era l’8 di aprile, un mercoledì, e la gara era in programma per domenica 19 aprile. In questi 12 giorni gli allenamenti sono stati molto leggeri, così come mi avevano detto di fare, ma hanno fatto sì che io il 19 aprile partecipassi al mio primo triathlon, chiudendo i 2 km a nuoto in 37 minuti con mare mosso, gli impegnativi 85K di bicicletta in 3:04 e i 16K di corsa a piedi in 1:20.

Tornando a casa, la prima telefonata è stata a “Cucco” e gli ho detto: «Papà adesso sono a tutti gli effetti un triatleta e grazie a Dio la gamba non ha ceduto!».

Dopo i festeggiamenti, perché è sempre giusto festeggiare e condividere le emozioni con le persone care, proseguono gli allenamenti. Ormai non manca più tanto e si intensificano le ore in bicicletta e i lunghi a piedi suddivisi tra montagna e allenamenti sul mare facendo un po’ più di ritmo.

Tutto questo fino alla fine di giugno, dove per poter arrivare al meglio ad affrontare la grande gara, comincio a fare circa 13 giorni di scarico con allenamenti molto più blandi e leggeri, impostati sul divertimento e sul relax, cercando di non pensare alla gara.

Andiamo avanti così fino a martedì 7 luglio quando, finiti gli ultimi 40 km in bicicletta, capisco che era arrivato il momento dei preparativi e quindi l’ora più attesa: il dover caricare il mitico furgone di Ezio, un Volkswagen d’epoca verniciato di nero con scritte Harley Davidson sui fianchi e la scritta ironman sul posteriore, un vero e proprio pezzo da museo.

Valigie, la spesa, le biciclette, i borsoni e tutto quello che poteva servire per i nostri 5 giorni più intensi dell’anno. Partiamo al mattino dell’8 luglio alle 6 e, dopo un viaggio interminabile durato 10 ore, visto che il furgone non sfreccia a più di 120 km orari, arriviamo nel piccolo paesino di Les Angles, sui Pirenei francesi, situato a 1.600 mt di altitudine con un panorama straordinario.

Cerchiamo subito la casa dove alloggeremo e ci sistemiamo al meglio; poi, vista l’ora, si mangia e ci si butta nel letto. Al mattino del 9 luglio ci si sveglia di buon’ora e si decide di provare i primi 40 km del percorso, ma è proprio qui che arriva il momento più drammatico e difficile: aprendo la sacca porta bicicletta mi accorgo che il forcellino si era spezzato di netto durante il trasporto, facendomi cadere nello sconforto più totale.

Dopo i primi momenti di incredulità e di rassegnazione prendiamo la situazione di petto e tentiamo l’impossibile: fare arrivare il pezzo di ricambio dall’Italia, visto che a Les Angles non si trovava nulla del genere.

La solidarietà dall’Italia è stata senza precedenti e, grazie a “Tino”, proprietario del negozio Tuttosport Imperia Bici e a Jarno Soncini proprietario di Caam Corse, riesco a ricevere in meno di 24 ore il forcellino, tramite corriere.

Riesco così il 10 luglio a consegnare la bicicletta al parco chiuso entro l’orario prestabilito per poter partire, il giorno successivo, per il mio Altriman.

Scesa la tensione si ragiona finalmente per come gestire al meglio la gara e per come affrontare quei 200 km in bicicletta e i 42 km di corsa a piedi. Ripassiamo il percorso, individuiamo i punti critici e decidiamo una tabella per gestire l’alimentazione.

Prepariamo i panini (io prosciutto e marmellata), attacchiamo alla bicicletta le barrette e ricontrolliamo che tutto sia al proprio posto per il mattino successivo. Ritorniamo al paese per l’ora di cena dove facciamo, per l’ultima volta, un’abbuffata di riso e alle h. 22 tutti a nanna.

11 luglio 2015. Il giorno, il mitico giorno è arrivato! La sveglia suona alle 3.30, assonnati, ma carichi di grinta ed emozione facciamo una piccola colazione con the, pane e marmellata e cominciamo subito dopo le importanti fasi di preparazione.

Mi metto già la muta in vita e sopra una felpa, prendo il mio zaino e scendiamo al lago di Matemale. La giornata è buia ma limpida e stellata, nulla che presagisse quello che di lì a poco sarebbe successo.

Alle h. 5.30 puntuali viene dato lo start, 350 folli si buttano in acqua per affrontare il primo giro alla cieca, dietro fumogeni. Prima boa, si gira e dopo pochi minuti dalla virata una nebbia fitta e intensa si impadronisce del lago.

Non si vedeva più nulla, riesco ad intravedere un concorrente davanti a me e decidiamo di stare uniti, nel panico più assoluto. Nuotiamo alla cieca finchè un’imbarcazione ci raggiunge e ci indica l’uscita…

Gara di nuoto sospesa!

Ci comunicano che per motivi di sicurezza la frazione finisce a 2400 mt e ci propongono 2 opzioni: 750 mt a nuoto o 2 km a piedi e l’unanimità opta per la seconda soluzione.

Ci cambiamo da bike e facciamo questa piccola corsa dove, al termine, partirà la frazione in bicicletta: 200 km con 5000 mt di dislivello e 9 salite di cui 2 hors category.

Gestisco la bici, essendo il mio piatto forte, senza esagerare, senza mai andare in affanno, restando tra i 150 e 160 battiti, in totale riserva. Mi alimento ogni 50/60 minuti, bevendo spesso e fermandomi, senza perdere troppo tempo, a quasi tutti i ristori dove reintegro le riserve.

Il tempo passa inesorabile, così come i chilometri, il paesaggio mi accompagna in questi momenti di solitudine dove devi imparare a sopportarti e a gestire le fatiche ritrovandomi dopo molte ore in T2 dove realizzo che manca l’ultima fatica, per me la più temuta…

La maratona.

Con calma mi cambio, tanto avere fretta in gare simili non porta a nulla, e parto con un ritmo iniziale molto blando come mi era stato detto dal mio maestro (papà) Ezio.

I primi 5K costeggio il lago, in uno scenario da favola, ma subito dopo si comincia a salire, la gara diventa dura, il dislivello aumenta così come i crampi alle gambe, ma fortunatamente riesco a completare il primo giro, 21 km in un tempo discreto, in rimonta.

A questo punto si trattava di non mollare, di fare il guerriero, di portare a termine quelle promesse che feci prima di partire a mia figlia e alla mia compagna: finire l’Altriman.

Passano i chilometri e comincio a credere nell’impresa, nella mia impresa, e gestisco in modo intelligente i momenti più duri accorgendomi che mancano gli ultimi e inesorabili 10 km, quelli che mi separano dalla mia storia.

Fortunatamente raggiungo un concorrente spagnolo che mi dà ritmo e parlando anche un po’ e non pensandoci affrontiamo l’ultima salita, quella che ci porterà al paese di Les Angles.

Ormai è fatta, capisco di essere lì ad un passo e raggiungo la scalinata del paese, dove la gente si affolla gridando: «Bravo, Campeon, Aironman, Tres Fort», mi fermo, mi inchino, li ringrazio e accarezzo i bambini.

Mancano 100 metri, entro nella zona transennata e sento che annunciano il mio nome: «Da l’Italie Federico Mantovani», alzo le mani al cielo e finalmente dopo 15 h e 27 m sento la voce della speacker che dice: “ You are an IRONMAN!”

Finisher all’Altriman!

Stremato, incredulo, emozionato, eccitato, insomma tutte le emozioni del mondo mi avvolgono facendomi vivere una situazione incredibilmente fantastica.

Dal giorno dopo sono una persona diversa, consapevole del fatto che volere è potere ed io ne sono la dimostrazione. Ora non ci resta che festeggiare perché, con un po’ di presunzione, posso dire che me lo sono meritato.

Concludo la mia storia così come l’ho iniziata facendo dei ringraziamenti a tutti quelli che hanno creduto in me, alla mia famiglia, a mia figlia Anna, alla mia compagna Manila, ma soprattutto a te Ezio Montecucco che hai saputo portarmi a toccare il cielo con un dito.

Per sempre grazie!