Giovedì 4 giugno 2020 l’azzurro Alessandro Fabian ha parlato di triathlon con Marco Montemagno, famoso imprenditore e comunicatore con oltre due milioni di follower sui social.

Fabian ha parlato sì di triathlon, ma anche e soprattutto di , dell’essere e sentirsi triatleta, dell’essere un uomo come tutti gli altri, con i propri limiti, le proprie paure, le proprie scelte e le proprie resurrezioni.

“Monty”, come è soprannominato l’imprenditore che fa parte del team di StartupItalia e che ha creato – nell’ultimo periodo – Slashers, comunità per professionisti che vogliono imparare a comunicare online; 4Books, app di speed learning; e The Update, newsletter quotidiana con “dieci notizie che contano”, con l’ironia e l’autoironia che lo contraddistinguono, ci ha fatto scoprire Alessandro. Non Fabian. Semplicemente Alessandro.


QUALCHE PASSAGGIO

Abbiamo estrapolato qualche battuta dall’intervista:

Il fascino del nuoto. “Sono incredibili la tonnara, le botte che prendi e dai, gli occhialini che diventano arma impropria (per te stesso)”.

La frazione preferita. “Provengo dal nuoto, quindi è quella che gestisco più semplicemente. Soffro molto la bici, prova nella quale devo migliorare molto. La corsa? Essendo l’ultima, è quella che affronti con le energie che ti sono rimaste dalle prime due”.

Nuoto, ciclismo e corsa: tre discipline fisicamente compatibili? “Sono diverse e ognuna ti impone l’utilizzo di differenti muscoli, ti trovi a compiere tre movimenti diversi. La multilateralità che insegna il triathlon, e che in questo periodo di quarantena ho rafforzato anche con la pratica dello yoga, dona la capacità di adattarsi, una capacità che poi riportiamo nelle singole discipline. Il triathlon è la metafora dell’adattamento. Ti insegna ad adattarti al momento in cui ti trovi. Mi sta regalando molto”.

Le ore di allenamento. “Dalle 2 alle 5-6 ore per giorno per 2-4 sedute di allenamento. Si arriva a un totale settimanale di 30 ore. Riguardo alle percentuali per ogni disciplina, siamo sbilanciati molto nel ciclismo (al 50%) – 14-15 ore – il resto è nuoto (6 ore), corsa (6 ore) e palestra (2-3 ore), dove faccio esercizi a corpo libero”.

Gli infortuni. “Non ritengo un vero e proprio infortunio le due rotture della clavicola che ho subito negli ultimi anni, perché le ho vissute in mondo diverso. Il momento più frustrante è stato tra il 2014 e 2015 con gli infortuni da sovraccarico. Mentalmente non riuscivo a gestirli perché non avevo la capacità di accettare il momento”.

In gara. “Con l’esperienza impari a gestire le energie. E’ chiaro poi che anche gli avversari influiscono sulla tua performance. Se i più forti scattano, tu li segui e qui possono succedere due cose: o reggi o scoppi; ed è lì che diventa importantissimo l’equilibrio mentale: il tuo cervello, le tue emozioni viaggiano al 1000 per 1000, devi stare attento a tutto”.

L’arte del cambiamento tra una disciplina e l’altra. “All’inizio è così, sono e li vivi come tre entità separate. Poi subentra un automatismo, che ti porta anche a una migliore economia in gara”.

La metodologia polarizzata. “Mi alleno andando da un polo all’altro, ovvero da un’intensità abbastanza bassa a una abbastanza alta e cerchiamo di lavorare su questi due poli. Tendenzialmente non facciamo molto in mezzo. Perché la nostra gara è ad alta intensità costante per due ore”.

Fabian e Mola. “Mi alleno con lui, ma anche con tanti top 10. In che cosa siamo differenti? Nella fisicità, nell’economia della corsa e poi nella fiducia nei propri mezzi, cose che fungono da specchio. Sto lavorando molto sulla mobilità, sul recupero e quindi sull’economia del gesto. Mi sto concentrando molto anche sulla parte mentale per imparare a superare ostacoli che talvolta diventano molto più grandi di quelli fisici”.

Il lavoro mentale. “Negli anni scorsi ho lavorato con uno psicologo sportivo e mi sono concentrato sulla visualizzazione. Poi, ho scelto di essere seguito da uno psicoterapeuta, per capire da dove derivassero problemi e ansie, legati soprattutto alla frazione di nuoto. Infine, ho cominciato un mio percorso personale, imparando a destrutturare i pensieri che diventano ostacoli”.

L’Ironman. “Dopo Tokyo. Il mio obiettivo in questo momento è arrivare alle Olimpiadi. Poi mi piacerebbe affrontare la distanza lunga, anche perché il mio fisico sembra portato, sono più un diesel che un benzina. Vedremo”.